Tab Article
Tra XVIII e XIX secolo si consolida un modello di storia d'Europa utile a definire una civiltà dai tratti largamente comuni e, insieme, un sistema di stati-nazione. La prima guerra mondiale ha segnato la crisi di questo schema "classico", reso inattuale dalle tragiche conseguenze dei nazionalismi e dalla nuova, plurale, realtà dell'Europa, uscita dalla sconfitta degli Imperi Centrali. Tra le due guerre mondiali, per coloro che intesero preservare la civiltà europea liberale contro i nazionalismi e i totalitarismi, l'Europa diventò, come ha scritto Lucien Febvre, un'idea rifugio, un valore di civiltà che poteva vivere solo rinnegando la storia dell'Europa delle nazioni. Nell'Europa divisa del secondo dopoguerra, le storie d'Europa, quasi tutte di autori dell'Europa atlantica, hanno voluto riaffermare la fiducia in un'idea di civiltà che si identificava con i valori della democrazia e del capitalismo "occidentali" e che ha trovato nei partiti cristiani e liberali e, solo più tardi, nei partiti del socialismo dell'Occidente, gli attori di un processo d'integrazione. Le storie d'Europa degli ultimi decenni del XX secolo sono state soprattutto uno strumento pedagogico per l'affermazione di questo processo, che ha trovato nella crisi del blocco comunista l'opportunità del suo consolidamento. L'azione del Consiglio d'Europa e la "politica della storia" delle istituzioni della Comunità e, ora, dell'Unione Europea hanno avuto, in questi ultimi due decenni un rilievo assai significativo nella promozione di un'identità europea che largamente si identifica con il suo "patrimonio" e le sue "radici" culturali.